Ungaretti poeta e soldato
Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia
Gorizia, Museo di Santa Chiara
26 Ottobre 2024 - 4 Maggio 2025
Gorizia, Museo di Santa Chiara
26 Ottobre 2024 - 4 Maggio 2025
mostra a cura di
Marco Goldin
Gorizia, Museo di Santa Chiara
26 ottobre 2024 - 4 maggio 2025
Ho sempre amato la drammatica purezza della poesia di Ungaretti. La forza della sua essenzialità mi corrisponde, collima coi silenzi che, nel mio sentire, connotano le cose più importanti del mondo e dell’arte. Stabilire un dialogo tra i sublimi versi ungarettiani e la mia pittura non mi è parso, fin da subito, un campo estraneo alla mia possibilità creativa.
Ha avuto poi una potenza dirompente, nella mia sensibilità di pittore di paesaggio, il mio viaggio nei luoghi del poeta, in un meraviglioso novembre coloratissimo dei gialli e degli arancioni intensi del foliage, degli azzurri delle acque cristalline dell’Isonzo. Mi ero preparato a osservare il San Michele, le trincee. L’immersione in questi spazi mi ha portato all’impatto con la pietra carsica, presenza struggente, nella sua freddezza, nella sua durezza, nella sua refrattarietà, come icasticamente la definisce il poeta in Sono una creatura, e fondamentale per me, che ho amato dipingere il dirupo e la roccia della mia Sicilia.
Mi sono riavvicinato con un’intenzione di profondità diversa a Ungaretti, all’assolutezza sacrale della sua parola poetica, che si incontra con la tragedia bruciante della guerra. Ho provato a trascrivere in pittura questa pagina immortale carica di amore e di sensi, assecondando alcune immagini portanti. Ho visto il contesto della trincea, nel plenilunio di Veglia, che bagnava tutto d’azzurro; ho visto il poeta mentre scriveva lettere d’amore; ho visto il corpo riverso del compagno, che diventa quasi una maschera nel sottinsù, ma che resta pure fisicità di corpo martoriato dalla morte. Ho voluto accostare il volto pensoso del poeta ai brandelli di muro di San Martino del Carso, che lui trasfigura, quando la pietra non è solo quella naturale dell’Anfiteatro carsico, il complesso roccioso per come l’ho visto io, ma pure quella metaforica della devastazione, dell’uomo ucciso dall’uomo. Della poesia La notte bella mi ha catturato lo «stagno di buio», contrastante con le stelle, che si riflettono in questa pozza scura e che da questa al contempo si elevano.
È stata una sfida metabolizzare, fare mio e restituire il Carso di Ungaretti, io sono un pittore della luce mediterranea. Ma quell’ambiente, che geograficamente mi è distante, è diventato parte del mio immaginario, per cui spero di avere reso un mio Carso, nei suoi bagliori bianchi, nel profilarsi anche di ombre, allusive alle bombe, alle lacerazioni, in un paesaggio che travalica la sua valenza solo naturalistica, dicendo il dramma.